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novella sesta 265

davanti al re. Le fanciulle, veggendo il pesce cotto ed avendo assai pescato, essendosi tutto il bianco vestimento e sottile loro appiccato alle carni, né quasi cosa alcuna del dilicato lor corpo celando, usciron del vivaio: e ciascuna le cose recate avendo riprese, davanti al re vergognosamente passando, in casa se ne tornarono. Il re ed il conte e gli altri che servivano, avevano molto queste giovanette considerate, e molto in se medesimo l’avea lodate ciascuno per belle e per ben fatte, ed oltre a ciò, per piacevoli e per costumate: ma sopra ad ogni altro erano al re piaciute, il quale sí attentamente ogni parte del corpo loro aveva considerata, uscendo esse dell’acqua, che chi allora l’avesse punto, non si sarebbe sentito. E piú a loro ripensando, senza sapere chi si fossero né come, si sentí nel cuor destare un ferventissimo disidèro di piacer loro, per lo quale assai ben conobbe sé divenire innamorato, se guardia non se ne prendesse: né sapeva egli stesso qual di lor due si fosse quella che piú gli piacesse, sí era di tutte cose l’una simiglievole all’altra. Ma poi che alquanto fu sopra questo pensier dimorato, rivolto a messer Neri, il domandò chi fossero le due damigelle; a cui messer Neri rispose: — Monsignore, queste son mie figliuole ad un medesimo parto nate, delle quali l’una ha nome Ginevra la bella e l’altra Isotta la bionda. — A cui il re le commendò molto, confortandolo a maritarle; dal che messer Neri, per piú non poter, si scusò. Ed in questo, niuna cosa fuor che le frutte restando a dar nella cena, vennero le due giovanette in due giubbe di zendado bellissime, con due grandissimi piattelli d’ariento in mano pieni di vari frutti, secondo che la stagion portava, e quegli davanti al re posarono sopra la tavola. E questo fatto, alquanto indietro tiratesi, cominciarono a cantare un suono le cui parole cominciano:

     Lá ov’io son giunto, Amore,
non si poria contare lungamente,

con tanta dolcezza e sí piacevolmente, che al re, che con diletto le riguardava ed ascoltava, pareva che tutte le gerarchie