nel piacer vostro. — Maravigliossi l’abate che in un rubator di strada fosser parole sí libere, e piacendogli molto, subitamente la sua ira e lo sdegno caduti, anzi in benivolenza mutatisi, col cuore amico di Ghino divenuto, il corse ad abbracciar dicendo: — Io giuro a Dio che, per dover guadagnar l’amistá d’uno uomo sí fatto come omai io giudico che tu sii, io sofferrei di ricevere troppo maggiore ingiuria che quella che infino a qui paruta m’è che tu m’abbi fatta. Maladetta sia la fortuna, la quale a sí dannevole mestier ti costrigne! — Ed appresso questo, fatto delle sue molte cose pochissime ed opportune prendere, e de’ cavalli similmente, e l’altre lasciategli tutte, a Roma se ne tornò. Aveva il papa saputa la presura dell’abate: e come che molto gravata gli fosse, veggendolo il domandò come i bagni fatto gli avesser prò; al quale l’abate sorridendo rispose: — Santo padre, io trovai piú vicino che i bagni un valente medico, il quale ottimamente guerito m’ha. — E contògli il modo, di che il papa rise; al quale l’abate, seguitando il suo parlare, da magnifico animo mosso, domandò una grazia. Il papa, credendo lui dover domandare altro, liberamente offerse di far ciò che domandasse. Allora l’abate disse: — Santo padre, quello che io intendo domandarvi è che voi rendiate la grazia vostra a Ghino di Tacco mio medico, per ciò che tra gli altri uomini valorosi e da molto che io accontai mai, egli è per certo un de’ piú, e quel male il quale egli fa, io il reputo molto maggior peccato della fortuna che suo; la qual se voi con alcuna cosa dandogli donde egli possa secondo lo stato suo vivere, mutate, io non dubito punto che in poco di tempo non ne paia a voi quello che a me ne pare. — Il papa, udendo questo, sí come colui che di grande animo fu e vago de’ valenti uomini, disse di farlo volentieri se da tanto fosse come diceva, e che egli il facesse sicuramente venire. Venne adunque Ghino, fidato, come all’abate piacque, a corte: né guari appresso del papa fu, che egli il reputò valoroso, e riconciliatolsi, gli donò una gran prioria di quelle dello Spedale, di quello avendol fatto far cavaliere; la quale egli, amico e servidore di santa Chiesa e dell’abate di Cligni, tenne mentre visse.