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novella nona | 223 |
tutti i panni indosso gli stracciò: e sí a questo fatto si studiava, che pure una volta dalla prima innanzi non gli potè Biondello dire una parola né domandare perché questo gli facesse; aveva egli bene inteso dell’«arrubinatemi» e de’ «zanzeri», ma non sapeva che ciò si volesse dire. Alla fine, avendol messer Filippo ben battuto ed essendogli molti dintorno, alla maggior fatica del mondo gliele trasser di mano cosí rabbuffato e malconcio come era, e dissergli perché messer Filippo questo avea fatto, riprendendolo di ciò che mandato gli aveva dicendo, e dicendogli che egli doveva bene oggimai conoscere messer Filippo e che egli non era uomo da motteggiar con lui. Biondello, piagnendo, si scusava e diceva che mai a messer Filippo non aveva mandato per vino: ma poi che un poco si fu rimesso in assetto, tristo e dolente se ne tornò a casa, avvisando questa essere stata opera di Ciacco. E poi che dopo molti dí, partiti i lividori del viso, cominciò di casa ad uscire, avvenne che Ciacco il trovò, e ridendo il domandò: — Biondello, chente ti parve il vino di messer Filippo? — Rispose Biondello: — Tali fosser parute a te le lamprede di messer Corso! — Allora disse Ciacco: — A te sta oramai: qualora tu mi vuogli cosí ben dare da mangiare come facesti, io darò a te cosí ben da ber come avesti. — Biondello, che conosceva che contro a Ciacco egli poteva piú aver mala voglia che opera, pregò Iddio della pace sua, e da indi innanzi si guardò di mai piú beffarlo.
[IX]
Due giovani domandan consiglio a Salamone, l’uno come possa essere amato, l’altro come gastigare debba la moglie ritrosa; all’un risponde che ami ed all’altro che vada al Ponte all’oca.
Niuno altro che la reina, volendo il privilegio servare a Dioneo, restava a dover novellare; la qual, poi che le donne ebbero assai riso dello sventurato Biondello, lieta cominciò cosí a parlare:
Amabili donne, se con sana mente sará riguardato l’ordine