lattime, diede tanta fede alle parole di Bruno quanta si saria convenuta a qualunque veritá: ed in tanto disidèro s’accese di volere essere in questa brigata ricevuto, quanto di qualunque altra cosa piú disiderabile si potesse essere acceso. Per la qual cosa a Bruno rispose che fermamente maraviglia non era se lieti andavano, ed a gran pena si temperò in riservarsi di richiederlo che essere il vi facesse, infino a tanto che, con piú onor fattogli, gli potesse con piú fidanza porgere i prieghi suoi. Avendolsi adunque riservato, cominciò piú a continuare con lui l’usanza e ad averlo da sera e da mattina a mangiar seco, ed a mostrargli smisurato amore: ed era sí grande e sí continua questa loro usanza, che non parea che senza Bruno il maestro potesse né sapesse vivere. Bruno, parendogli star bene, acciò che ingrato non paresse di questo onor fattogli dal medico, gli aveva dipinta nella sala sua la quaresima ed uno agnusdei all’entrar della camera e sopra l’uscio della via uno orinale, acciò che coloro che avessero del suo consiglio bisogno il sapessero riconoscer dagli altri: ed in una sua loggetta gli aveva dipinta la battaglia de’ topi e delle gatte, la quale troppo bella cosa pareva al medico; ed oltre a questo, diceva alcuna volta al maestro, quando con lui non aveva cenato: — Stanotte fui io alla brigata, ed essendomi un poco la reina d’Inghilterra rincresciuta, mi feci venir la gumedra del gran can d’Altarisi. — Diceva il maestro: — Che vuol dir «gumedra»? Io non gl’intendo questi nomi. — O maestro mio, — diceva Bruno — io non me ne maraviglio, ché io ho bene udito dire che Porcograsso e Vannaccena non ne dicon nulla. — Disse il maestro: — Tu vuoi dire Ipocrasso ed Avicena. — Disse Bruno: — Gnaffe, io non so: io m’intendo cosí male de’ vostri nomi come voi de’ miei; ma «la gumedra» in quella lingua del gran cane vuol tanto dire quanto «imperadrice» nella nostra. O ella vi parrebbe la bella feminaccia! Ben vi so dire che ella vi farebbe dimenticare le medicine e gli argomenti ed ogni impiastro. — E cosí dicendogli alcuna volta per piú accenderlo, avvenne che, parendo a messer lo maestro, una sera a vegghiare, parte che il lume teneva a Bruno che la battaglia de’ topi e