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novella nona 161

che egli non è ancora guari che in questa cittá fu un gran maestro in nigromantia il quale ebbe nome Michele Scotto, per ciò che di Scozia era, e da molti gentili uomini, de’ quali pochi oggi son vivi, ricevette grandissimo onore; e volendosi di qui partire, ad istanza de’ prieghi loro ci lasciò due suoi sufficienti discepoli, a’ quali impose che ad ogni piacere di questi cotali gentili uomini che onorato l’aveano, fossero sempre presti. Costoro adunque servivano i predetti gentili uomini di certi loro innamoramenti e d’altre cosette liberamente; poi, piacendo loro la cittá ed i costumi degli uomini, ci si disposero a voler sempre stare e preserci di grandi e di strette amistá con alcuni, senza guardare che essi fossero piú gentili che non gentili o piú ricchi che poveri, solamente che uomini fossero conformi a’ lor costumi. E per compiacere a questi cosí fatti loro amici, ordinarono una brigata forse di venticinque uomini li quali due volte almeno il mese insieme si dovessero ritrovare in alcun luogo da loro ordinato: e quivi essendo, ciascuno a costoro il suo disidèro dice, ed essi prestamente per quella notte il forniscono; co’ quali due avendo Buffalmacco ed io singulare amistá e dimestichezza, da loro in cotal brigata fummo messi, e siamo. E dicovi cosí che, qualora egli avvien che noi insieme ci raccogliamo, è maravigliosa cosa a vedere i capoletti intorno alla sala dove mangiamo e le tavole messe alla reale e la quantitá de’ nobili e belli servidori, cosí femine come maschi, al piacer di ciascuno che è di tal compagnia, ed i bacini, gli orciuoli, i fiaschi e le coppe e l’altro vasellamento d’oro e d’ariento ne’ quali noi mangiamo e beiamo: ed oltre a questo, le molte e varie vivande, secondo che ciascun disidera, che recate ci sono davanti ciascuna a suo tempo. Io non vi potrei mai divisare chenti e quali sieno i dolci suoni d’infiniti strumenti ed i canti pieni di melodia che vi s’odono, né vi potrei dire quanta sia la cera che vi s’arde a queste cene né quanti sieno i confetti che vi si consumano e come sieno preziosi i vini che vi si beono. E non vorrei, zucca mia da sale, che voi credeste che noi stessimo lá in questo abito o con questi panni che ci vedete: egli non ve n’è niun sí cattivo, che non vi paresse uno