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132 giornata ottava

questo porco tu, sí hai apparato ad esser beffardo. Tu ci menasti una volta giú per lo Mugnone raccogliendo pietre nere: e quando tu ci avesti messi in galea senza biscotto, e tu te ne venisti, e poscia ci volevi far credere che tu non l’avessi trovata; ed ora similmente ti credi co’ tuoi giuramenti far credere altressí che il porco, che tu hai donato o ver venduto, ti sia stato imbolato. Noi sí siamo usi delle tue beffe e conoscianle; tu non ce ne potresti far piú: e per ciò, a dirti il vero, noi ci abbiamo durata fatica in far l’arte, per che noi intendiamo che tu ci doni due paia di capponi, se non che noi diremo a monna Tessa ogni cosa. — Calandrino, veggendo che creduto non gli era, parendogli avere assai dolore, non volendo anche il riscaldamento della moglie, diede a costoro due paia di capponi, li quali, avendo essi salato il porco, portatisene a Firenze, lasciaron Calandrino col danno e con le beffe.

[VII]

Uno scolare ama una donna vedova, la quale, innamorata d’altrui, una notte di verno il fa stare sopra la neve ad aspettarsi; la quale egli poi, con un suo consiglio, di mezzo luglio ignuda tutto un dí la fa stare in su una torre alle mosche ed a’ tafani ed al sole.


Molto avevan le donne riso del cattivello di Calandrino, e piú n’avrebbono ancora, se stato non fosse che loro increbbe di vedergli tôrre ancora i capponi a coloro che tolto gli avevano il porco. Ma poi che la fine fu venuta, la reina a Pampinea impose che dicesse la sua; ed essa prestamente cosí cominciò:

Carissime donne, spesse volte avviene che l’arte è dall’arte schernita, e per ciò è poco senno il dilettarsi di schernire altrui. Noi abbiamo per piú novellette dette riso molto delle beffe state fatte, delle quali niuna vendetta esserne stata fatta s’è raccontato: ma io intendo di farvi avere alquanta compassione d’una giusta retribuzione ad una nostra cittadina renduta, alla quale la sua beffa presso che con morte, essendo beffata,