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116 giornata ottava

Buffalmacco — d’averci beffati e lasciati qui, poscia che noi fummo sí sciocchi, che noi gli credemmo. Sappi chi sarebbe stato sí stolto, che avesse creduto che in Mugnone si dovesse trovare una cosí virtuosa pietra, altri che noi! — Calandrino, queste parole udendo, imaginò che quella pietra alle mani gli fosse venuta e che per la vertú d’essa coloro, ancor che loro fosse presente, nol vedessero. Lieto adunque oltre modo di tal ventura, senza dir loro alcuna cosa, pensò di tornarsi a casa: e vòlti i passi indietro, se ne cominciò a venire. Veggendo ciò Buffalmacco, disse a Bruno: — Noi che faremo? Ché non ce n’andiam noi? — A cui Bruno rispose: — Andianne; ma io giuro a Dio che mai Calandrino non me ne fará piú niuna: e se io gli fossi presso come stato sono tutta mattina, io gli darei tale di questo ciotto nelle calcagna, che egli si ricorderebbe forse un mese di questa beffa! — Ed il dir le parole e l’aprirsi ed il dar del ciotto nel calcagno a Calandrino fu tutto uno. Calandrino, sentendo il duolo, levò alto il piè e cominciò a soffiare, ma pur si tacque ed andò oltre. Buffalmacco, recatosi in mano un de’ codoli che raccolti avea, disse a Bruno: — Deh! vedi bel codolo: cosí giugnesse egli testé nelle reni a Calandrino! — E lasciato andare, gli die’ con esso nelle reni una gran percossa: ed in brieve, in cotal guisa, or con una parola ed or con un’altra, su per lo Mugnone infino alla porta a San Gallo il vennero lapidando; quindi, in terra gittate le pietre che ricolte aveano, alquanto con le guardie de’ gabellieri si ristettero, le quali, prima da loro informate, faccendo vista di non vedere, lasciarono andar Calandrino con le maggior risa del mondo. Il quale senza arrestarsi se ne venne a casa sua, la quale era vicina al Canto alla macina; ed intanto fu la fortuna piacevole alla beffa, che, mentre Calandrino per lo fiume ne venne e poi per la cittá, niuna persona gli fece motto, come che pochi ne scontrasse, per ciò che quasi a desinare era ciascuno. Entrossene adunque Calandrino cosí carico in casa sua. Era per ventura la moglie di lui, la quale ebbe nome monna Tessa, bella e valente donna, in capo della scala: ed alquanto turbata della sua lunga dimora, veggendol venire, cominciò proverbiando a dire: