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106 giornata ottava

per ciò che io non potei fornir la bisogna per la quale gli presi: e per ciò io gli recai qui di presente alla donna tua e sí gliele diedi, e per ciò dannerai la mia ragione. — Guasparruolo, vòlto alla moglie, la domandò se avuti gli avea. Ella, che quivi vedeva il testimonio, nol seppe negare, ma disse: — Mai sí che io gli ebbi, né m’era ancor ricordata di dirloti. — Disse allora Guasparruolo: — Gulfardo, io son contento; andatevi pur con Dio, che io acconcerò bene la vostra ragione. — Gulfardo partitosi, e la donna rimasa scornata, diede al marito il disonesto prezzo della sua cattivitá: e cosí il sagace amante senza costo godé della sua avara donna.

[II]

Il prete da Varlungo si giace con monna Belcolore; lasciale pegno un suo tabarro, ed accattato da lei un mortaio, il rimanda e fa domandare il tabarro lasciato per ricordanza; rendelo proverbiando la buona donna.


Commendavano igualmente e gli uomini e le donne ciò che Gulfardo fatto aveva alla ’ngorda melanese, quando la reina, a Panfilo voltatasi, sorridendo gl’impose che el seguitasse; per la qual cosa Panfilo incominciò:

Belle donne, a me occorre di dire una novelletta contro a coloro li quali continuamente n’offendono senza poter da noi del pari essere offesi, cioè contro a’ preti, li quali sopra le nostre mogli hanno bandita la croce, e par loro non altramenti aver guadagnato il perdono di colpa e di pena, quando una se ne posson metter sotto, che se d’Alessandria avessero il soldano menato legato a Vignone. Il che i secolari cattivelli non possono a lor fare, come che nelle madri, nelle sirocchie, nelle amiche e nelle figliuole, con non meno ardore che essi le lor mogli assaliscano, vendichin l’ire loro. E per ciò io intendo raccontarvi uno amorazzo contadino, piú da ridere per la conclusione che lungo di parole, del quale ancora potrete per frutto cogliere che a’ preti non sia sempre ogni cosa da credere.