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94 giornata settima

se non l’un con l’altro, e per quello che paresse, s’amavano molto. Ed andando, come gli uomini vanno, alle chiese ed alle prediche, piú volte udito avevano e della gloria e della miseria che all’anime di color che morivano era, secondo li lor meriti, conceduta nell’altro mondo; delle quali cose disiderando di saper certa novella, né trovando il modo, insieme si promisero che qual prima di lor morisse, a colui che vivo fosse rimaso, se potesse, ritornerebbe, e direbbegli novelle di quello che egli disiderava: e questo fermaron con giuramento. Avendosi adunque questa promession fatta ed insieme continuamente usando, come è detto, avvenne che Tingoccio divenne compare d’uno Ambruogio Anselmini, che stava in Camporeggi, il quale d’una sua donna chiamata monna Mita aveva avuto un figliuolo. Il quale Tingoccio, insieme con Meuccio visitando alcuna volta questa sua comare, la quale era una bellissima e vaga donna, nonostante il comparatico s’innamorò di lei; e Meuccio similemente, piacendogli ella molto e molto udendola commendare a Tingoccio, se n’innamorò. E di questo amore l’un si guardava dall’altro, ma non per una medesima ragione: Tingoccio si guardava di scoprirlo a Meuccio per la cattivitá che a lui medesimo parea fare d’amar la comare, e sarebbesi vergognato che alcuno l’avesse saputo; Meuccio non se ne guardava per questo, ma perché giá avveduto s’era che ella piaceva a Tingoccio, laonde egli diceva: — Se io questo gli discuopro, egli prenderá gelosia di me, e potendole ad ogni suo piacere parlare, sí come compare, in ciò che egli potrá le mi metterá in odio, e cosí mai cosa che mi piaccia di lei io non avrò. — Ora, amando questi due giovani come detto è, avvenne che Tingoccio, al quale era piú destro il potere alla donna aprire ogni suo disidèro, tanto seppe fare e con atti e con parole, che egli ebbe di lei il piacer suo; di che Meuccio s’accorse bene, e quantunque molto gli dispiacesse, pure, sperando di dovere alcuna volta pervenire al fine del suo disidèro, acciò che Tingoccio non avesse materia né cagione di guastargli o d’impedirgli alcun suo fatto, faceva pur vista di non avvedersene. Cosí amando i due compagni, l’uno piú felicemente che