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40 | giornata prima |
[II]
Abraam giudeo, da Giannotto di Civigní stimolato, va in corte di Roma, e veduta la malvagitá de’ cherici, torna a Parigi e fassi cristiano.
La novella di Panfilo fu in parte risa e tutta commendata dalle donne; la quale diligentemente ascoltata ed alla sua fine essendo venuta, sedendo appresso di lui Neifile, le comandò la reina che, una dicendone, l’ordine dello ’ncominciato sollazzo seguisse. La quale, sí come colei che non meno era di cortesi costumi che di bellezze ornata, lietamente rispose che volentieri, e cominciò in questa guisa:
Mostrato n’ha Panfilo nel suo novellare, la benignitá di Dio non guardare a’ nostri errori quando da cosa che per noi veder non si possa procedano: ed io nel mio intendo di dimostrarvi quanto questa medesima benignitá, sostenendo pazientemente i difetti di coloro li quali d’essa ne deono dare e con l’opere e con le parole vera testimonianza, il contrario operando, di sé argomento d’infallibile veritá ne dimostri, acciò che quello che noi crediamo con piú fermezza d’animo seguitiamo.
Sí come io, graziose donne, giá udii ragionare, in Parigi fu un gran mercatante e buono uomo il quale fu chiamato Giannotto di Civigní, lealissimo e diritto e di gran traffico d’opera di drapperia: ed avea singulare amistá con un ricchissimo uomo giudeo chiamato Abraam, il quale similmente mercatante era, e diritto e leale uomo assai. La cui dirittura e la cui lealtá veggendo Giannotto, gl’incominciò forte ad increscere che l’anima d’un cosí valente e savio e buono uomo per difetto di fede andasse a perdizione, e per ciò amichevolmente lo ’ncominciò a pregare che egli lasciasse gli errori della fede giudaica e ritornassesi alla veritá cristiana, la quale egli poteva vedere, sí come santa e buona, sempre prosperare ed aumentarsi, dove la sua, in contrario, diminuirsi e venire al niente poteva discernere. Il giudeo rispondeva che niuna ne credeva né santa né buona fuor che la giudaica, e che egli in quella era nato