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novella decima 401

[X]

Pietro di Vinciolo va a cenare altrove; la donna sua si fa venire un garzone; torna Pietro; ella il nasconde sotto una cesta da polli; Pietro dice essere stato trovato in casa d’Ercolano, con cui cenava, un giovane messovi dalla moglie; la donna biasima la moglie d’Ercolano; uno asino per isciagura pon piede in su le dita di colui che era sotto la cesta; egli grida; Pietro corre lá, vedelo, conosce lo ’nganno della moglie, con la quale ultimamente rimane in concordia per la sua tristezza.


Il ragionare della reina era alla sua fine venuto, essendo lodato da tutti Iddio che degnamente avea guiderdonato Federigo, quando Dioneo, che mai comandamento non aspettava, incominciò:

Io non so se mi dica che sia accidental vizio e per malvagitá di costume ne’ mortali sopravvenuto, o se pure è della natura peccato, il rider piú tosto delle cattive cose che delle buone opere, e spezialmente quando quelle cotali a noi non pertengono. E per ciò che la fatica la quale altra volta ho impresa, ed ora son per pigliare, a niuno altro fine riguarda se non a dovervi tôrre malinconia, e riso ed allegrezza porgervi, quantunque la materia della mia seguente novella, innamorate giovani, sia in parte men che onesta, però che diletto può porgere, la vi pur dirò: e voi, ascoltandola, quello ne fate che usate siete di fare quando ne’ giardini entrate, che, distesa la dilicata mano, cogliete le rose e lasciate le spine stare; il che farete lasciando il cattivo uomo con la mala ventura stare con la sua disonestá, e liete riderete degli amorosi inganni della sua donna, compassione avendo all’altrui sciagure dove bisogna.

Fu in Perugia, non è ancora molto tempo passato, un ricco uomo chiamato Pietro di Vinciolo, il quale, forse piú per ingannare altrui e diminuire la generale oppinion di lui avuta da tutti i perugini che per vaghezza che egli n’avesse, prese moglie: e fu la fortuna conforme al suo appetito in questo modo, che la moglie la quale egli prese era una giovane compressa, di