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372 giornata quinta

degli amici e de’ parenti da capo sposò la giovane, e con gran festa se ne la menò a casa e fece onorevoli e belle nozze, e poi con lei lungamente in pace ed in consolazione uccellò agli usignuoli e di dí e di notte quanto gli piacque.

[V]

Guidotto da Cremona lascia a Giacomin da Pavia una fanciulla, e muorsi; la qual Giannol di Severino e Minghino di Mingole amano in Faenza; azzuffansi insieme; riconoscesi la fanciulla esser sirocchia di Giannole, e dassi per moglie a Minghino.


Aveva ciascuna donna, la novella dell’usignuolo ascoltando, tanto riso, che ancora, quantunque Filostrato ristato fosse di novellare, non per ciò esse di ridere si potevan tenere. Ma pur, poi che alquanto ebbero riso, la reina disse: — Sicuramente, se tu ieri ci affliggesti, tu ci hai oggi tanto dileticate, che niuna meritamente di te si dée ramaricare. — Ed avendo a Neifile le parole rivolte, le ’mpose che novellasse; la quale lietamente cosí cominciò a parlare:

Poi che Filostrato, ragionando, in Romagna è entrato, a me per quella similmente gioverá d’andare alquanto spaziandomi col mio novellare.

Dico adunque che giá nella cittá di Fano due lombardi abitarono, de’ quali l’un fu chiamato Guidotto da Cremona e l’altro Giacomin da Pavia, uomini omai attempati e stati nella lor gioventudine quasi sempre in fatti d’arme e soldati; dove, venendo a morte Guidotto, e niun figliuolo avendo né altro amico o parente di cui piú si fidasse che di Giacomin facea, una sua fanciulla d’etá forse di diece anni e ciò che egli al mondo avea, molto de’ suoi fatti ragionatogli, gli lasciò, e morissi. Avvenne in questi tempi che la cittá di Faenza, lungamente in guerra ed in mala ventura stata, alquanto in miglior disposizion ritornò, e fu a ciascun che ritornarvi volesse, liberamente conceduto il potervi tornare; per la qual cosa Giacomino, che altra volta dimorato v’era, e piacendogli la stanza, lá con ogni sua cosa