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novella settima | 317 |
[VII]
La Simona ama Pasquino; sono insieme in uno orto; Pasquino si frega a’ denti una foglia di salvia, e muorsi; è presa la Simona, la quale, volendo mostrare al giudice come morisse Pasquino, fregatasi una di quelle foglie a’ denti, similmente si muore.
Panfilo era della sua novella diliberato, quando il re, nulla compassion mostrando all’Andreuola, riguardando Emilia, sembianti le fe’ che a grado gli fosse che essa a coloro che detto aveano, dicendo, si continuasse; la quale senza alcuna dimora fare incominciò:
Care compagne, la novella detta da Panfilo mi tira a doverne dire una in niuna altra cosa alla sua simile, se non che, come l’Andreuola nel giardino perdé l’amante, e cosí colei di cui dir debbo: e similmente presa, come l’Andreuola fu, non con forza né con vertú, ma con morte inoppinata si diliberò dalla corte. E come altra volta tra noi è stato detto, quantunque Amor volentieri le case de’ nobili uomini abiti, esso per ciò non rifiuta lo ’mperio di quelle de’ poveri, anzi in quelle si alcuna volta le sue forze dimostra, che come potentissimo signore da’ piú ricchi si fa temere. Il che, ancora che non in tutto, in gran parte apparirá nella mia novella, con la qual mi piace nella nostra cittá rientrare, della quale questo dí, diverse cose diversamente parlando, per diverse parti del mondo avvolgendoci, cotanto allontanati ci siamo.
Fu adunque, non è ancora gran tempo, in Firenze una giovane assai bella e leggiadra secondo la sua condizione, e di povero padre figliuola, la quale ebbe nome Simona: e quantunque le convenisse con le proprie braccia il pan che mangiar volea guadagnare, e filando lana sua vita reggesse, non fu per ciò di sí povero animo, che ella non ardisse a ricevere Amore nella sua mente, il quale con gli atti e con le parole piacevoli d’un giovanetto di non maggior peso di lei, che dando andava per un suo maestro lanaiuolo lana a filare, buona pezza mostrato aveva di volervi entrare. Ricevutolo adunque in sé col