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306 giornata quarta

[V]

I fratelli dell’Isabetta uccidon l’amante di lei; egli l’apparisce in sogno e mostrale dove sia sotterrato; ella occultamente dissotterra la testa e mettela in un testo di basilico, e quivi sú piagnendo ognidí per una grande ora, i fratelli gliele tolgono, ed ella se ne muore di dolor poco appresso.


Finita la novella d’Elissa ed alquanto dal re commendata, a Filomena fu imposto che ragionasse; la quale, tutta piena di compassione del misero Gerbino e della sua donna, dopo un pietoso sospiro incominciò:

La mia novella, graziose donne, non sará di genti di sí alta condizione come costor furono de’ quali Elissa ha raccontato, ma ella per avventura non sará men pietosa: ed a ricordarmi di quella mi tira Messina poco innanzi ricordata, dove l’accidente avvenne.

Erano adunque in Messina tre giovani fratelli e mercatanti, ed assai ricchi uomini rimasi dopo la morte del padre loro, il quale fu da San Gimignano, ed avevano una loro sorella chiamata Lisabetta, giovane assai bella e costumata, la quale, che che se ne fosse cagione, ancora maritata non aveano. Ed avevano oltre a ciò questi tre fratelli in un lor fondaco un giovanetto pisano chiamato Lorenzo, che tutti i lor fatti guidava e faceva, il quale, essendo assai bello della persona e leggiadro molto, avendolo piú volte l’Isabetta guatato, avvenne che egli le ’ncominciò stranamente a piacere; di che Lorenzo accortosi ed una volta ed altra, similmente, lasciati suoi altri innamoramentii di fuori, incominciò a porre l’animo a lei: e si andò la bisogna, che, piacendo l’uno all’altro igualmente, non passò gran tempo che, assicuratisi, fecero di quello che piú disiderava ciascuno. Ed in questo continuando ed avendo insieme assai di buon tempo e di piacere, non seppero sí segretamente fare, che una notte, andando l’Isabetta lá dove Lorenzo dormiva, che il maggior de’ fratelli, senza accorgersene ella, non se n’accorgesse; il quale, per ciò che savio giovane era, quantunque molto noioso