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298 giornata quarta

dí fosse, senza alcuno impedimento pervennero in Creti, dove grandissime e belle possessioni comperarono, alle quali assai vicini di Candia fecero bellissimi abituri e dilettevoli; e quivi con molta famiglia, con cani e con uccelli e con cavalli, in conviti ed in feste ed in gioia con le lor donne i piú contenti uomini del mondo a guisa di baroni cominciarono a vivere. Ed in tal maniera dimorando, avvenne; sí come noi veggiamo tutto il giorno avvenire che, quantunque le cose molto piacciano, avendone soperchia copia rincrescono; che a Restagnone, il quale molto amata avea la Ninetta, potendola egli senza alcun sospetto ad ogni suo piacere avere, gl’incominciò a rincrescere, e per conseguente a mancar verso lei l’amore. Ed essendogli ad una festa sommamente piaciuta una giovane del paese, bella e gentil donna, e quella con ogni studio seguitando, cominciò per lei a far maravigliose cortesie e feste; di che la Ninetta accorgendosi, entrò di lui in tanta gelosia, che egli non poteva andare un passo che ella nol risapesse, ed appresso con parole e con crucci lui e sé non ne tribolasse. Ma cosí come la copia delle cose genera fastidio, cosí l’esser le disiderate negate multiplica l’appetito: e cosí i crucci della Ninetta le fiamme del nuovo amore di Restagnone accrescevano; e come che in processo di tempo s’avvenisse, o che Restagnone l’amistá della donna amata avesse o no, la Ninetta, chi che gliele rapportasse, l’ebbe per fermo; di che ella in tanta tristizia cadde, e di quella in tanta ira e per conseguente in tanto furor trascorse, che, rivoltato l’amore il quale a Restagnon portava in acerbo odio, accecata dalla sua ira, s’avvisò con la morte di Restagnone l’onta che ricever l’era paruta vendicare. Ed avuta una vecchia greca gran maestra di compor veleni, con promesse e con doni a fare un’acqua mortifera la condusse, la quale essa, senza altramenti consigliarsi, una sera a Restagnon riscaldato e che di ciò non si guardava die’ bere. La potenza di quella fu tale, che avanti che il matutino venisse l’ebbe ucciso; la cui morte sentendo Folco ed Ughetto e le lor donne, senza sapere che di veleno fosse morto, insieme con la Ninetta amaramente piansero ed onorevolemente il fecero sepellire. Ma non dopo