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novella ottava 241

giusto era tenuto in ogni cosa. Ora, avvenne che, essendosi molto con l’abate dimesticato un ricchissimo villano il quale avea nome Ferondo, uomo materiale e grosso senza modo; né per altro la sua dimestichezza piaceva all’abate, se non per alcune ricreazioni le quali talvolta pigliava delle sue simplicitá; in questa dimestichezza s’accorse l’abate, Ferondo avere una bellissima donna per moglie, della quale esso sí ferventemente s’innamorò, che ad altro non pensava né dí né notte: ma udendo che, quantunque Ferondo fosse in ogni altra cosa semplice e dissipito, in amare questa sua moglie e guardarla bene era savissimo, quasi se ne disperava. Ma pure, come molto avveduto, recò a tanto Ferondo, che egli insieme con la sua donna a prendere alcun diporto nel giardino della badia venivano alcuna volta: e quivi con loro della beatitudine di vita eterna e di santissime opere di molti uomini e donne passate ragionava modestissimamente loro, tanto che alla donna venne disidèro di confessarsi da lui, e chiesene la licenza da Ferondo ed ebbela. Venuta adunque a confessarsi la donna all’abate con grandissimo piacere di lui ed a’ piè postaglisi a sedere, anzi che a dire altro venisse, incominciò: — Messere, se Iddio m’avesse dato marito o non me l’avesse dato, forse mi sarebbe agevole co’ vostri ammaestramenti d’entrare nel cammino che ragionato n’avete, che mena altrui a vita eterna; ma io, considerato chi è Ferondo e la sua stoltizia, mi posso dir vedova, e pur maritata sono, in quanto, vivendo esso, altro marito aver non posso: ed egli, cosí matto come egli è, senza alcuna cagione è sí fuori d’ogni misura geloso di me, che io per questo altro che in tribulazione ed in mala ventura con lui viver non posso. Per la qual cosa, prima che io ad altra confession venga, quanto piú posso umilmente vi priego che sopra questo vi piaccia darmi alcun consiglio, per ciò che, se quinci non comincia la cagione del mio bene potere adoperare, il confessarmi o altro ben fare poco mi gioverá. — Questo ragionamento con gran piacere toccò l’animo dell’abate, e parvegli che la fortuna gli avesse al suo maggior disidèro aperta la via; e disse: — Figliuola mia, io credo che gran noia sia ad una bella e dilicata