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240 giornata terza

come costoro dicevano; di che, tra per questo e per gli altri segni, riconosciuto fu, colui che era stato ucciso essere stato Faziuolo e non Tedaldo, laonde il sospetto di lui uscí a’ fratelli ed a ciascuno altro. Tedaldo adunque, tornato ricchissimo, perseverò nel suo amare, e senza piú turbarsi la donna, discretamente operando, lungamente goderon del loro amore. Iddio faccia noi goder del nostro.

[VIII]

Ferondo, mangiata certa polvere, è sotterrato per morto, e dall’abate che la moglie di lui si gode, tratto della sepoltura, è messo in prigione e fattogli credere che egli è in purgatoro; e poi risuscitato, per suo nutrica un figliuol dell’abate nella moglie di lui generato.


Venuta era la fine della lunga novella d’Emilia, non per ciò dispiaciuta ad alcuno per la sua lunghezza, ma da tutti tenuto che brievemente narrata fosse stata, avendo rispetto alla quantitá ed alla varietá de’ casi in essa raccontati; per che la reina, alla Lauretta con un sol cenno mostrato il suo disio, le die’ cagione di cosí cominciare:

Carissime donne, a me si para davanti a doversi far raccontare una veritá che ha troppo piú, che di quello che ella fu, di menzogna sembianza; e quella nella mente m’ha ritornata l’avere udito un per uno altro essere stato pianto e sepellito. Dirò adunque come un vivo per morto sepellito fosse, e come poi per risuscitato e non per vivo egli stesso e molti altri lui credessero essere della sepoltura uscito, colui di ciò essendo per santo adorato che come colpevole ne dovea piú tosto essere condannato.

Fu adunque in Toscana una badia, ed ancora è, posta, sí come noi ne veggiam molte, in luogo non troppo frequentato dagli uomini, nella quale fu fatto abate un monaco il quale in ogni cosa era santissimo fuori che nell’opera delle femine: e questo sapeva sí cautamente fare, che quasi niuno, non che il sapesse, ma ne suspicava; per che santissimo e