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novella quinta 215

parlato, ed egli incominciò per sé a parlare, e cosí rispose: — Carissima donna, egli è per soperchia letizia della vostra buona risposta sí ogni mia vertú occupata, che appena posso a rendervi debite grazie formar la risposta; e se io pur potessí come io disidero favellare, niun termine è sí lungo, che mi bastasse a pienamente potervi ringraziare come io vorrei e come a me di far si conviene: e per ciò nella vostra discreta considerazion si rimanga a conoscer quello che io, disiderando, fornir con parole non posso. Soltanto vi dico che, come imposto m’avete, cosí penserò di far senza fallo, ed allora forse, piú rassicurato di tanto dono quanto conceduto m’avete, m’ingegnerò a mio poter di rendervi grazie quali per me si potranno maggiori. Or qui non resta a dire al presente altro; e però, carissima mia donna, Dio vi déa quella allegrezza e quel bene che voi disiderate il maggiore, ed a Dio v’accomando. — Per tutto questo non disse la donna una sola parola; laonde il Zima si levò suso e verso il cavaliere cominciò a tornare, il quale veggendolo levato gli si fece incontro, e ridendo disse: — Che ti pare? Hott’io bene la promessa servata? — Messer no, — rispose il Zima — ché voi mi prometteste di farmi parlar con la donna vostra, e voi m’avete fatto parlar con una statua di marmo. — Questa parola piacque molto al cavaliere, il quale, come che buona oppinione avesse della donna, ancora ne la prese migliore; e disse: — Omai è ben mio il pallafren che fu tuo. — A cui il Zima rispose: — Messer sí, ma se io avessi creduto trarre di questa grazia ricevuta da voi tal frutto chente tratto n’ho, senza domandarlavi ve l’avrei donato; ed or volesse Iddio che io fatto l’avessi, per ciò che voi avete comperato il pallafreno ed io non l’ho venduto. — Il cavaliere di questo si rise, ed essendo fornito di pallafreno, ivi a pochi dí entrò in cammino e verso Melano se n’andò in podesteria. La donna, rimara libera nella sua casa, ripensando alle parole del Zima ed all’amore il quale le portava ed al pallafreno per l’amor di lei donato, e veggendol da casa sua molto spesso passare, disse seco medesima: — Che fo io? perché perdo io la mia giovanezza? Questi se n’è andato a Melano e non tornerá di questi sei mesi; e