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novella terza 205

valente uomo: — Non so io ove io mi fui; molto tosto ve n’è giunto il messo. — Egli è il vero — disse il frate — che il messo me n’è giunto: io m’avviso che tu ti credesti, per ciò che il marito non c’era, che la gentil donna ti dovesse incontanente ricevere in braccio! Hi, meccère: ecco onesto uomo! È divenuto andator di notte, apritor di giardini e salitor d’alberi! Credi tu per improntitudine vincere la santitá di questa donna, che le vai alle finestre su per gli alberi la notte? Niuna cosa è al mondo che a lei dispiaccia come fai tu: e tu pur ti vai riprovando. In veritá, lasciamo stare che ella te l’abbia in molte cose mostrato, ma tu ti se’ molto bene ammendato per li miei gastigamenti! Ma cosí ti vo’ dire: ella ha infino a qui non per amore che ella ti porti, ma ad istanza de’ prieghi miei taciuto di ciò che fatto hai; ma essa non tacerá piú: conceduta l’ho la licenza che, se tu piú in cosa alcuna le spiaci, che ella faccia il parer suo. Che farai tu se ella il dice a’ fratelli? — Il valente uomo, avendo assai compreso di quello che gli bisognava, come meglio seppe e poté con molte ampie promesse racchetò il frate: e da lui partitosi, come il matutino della seguente notte fu, cosí egli, nel giardino entrato e su per l’albero salito e trovata la finestra aperta, se n’entrò nella camera, e come piú tosto poté nelle braccia della sua bella donna si mise. La quale, con grandissimo disidèro avendolo aspettato, lietamente il ricevette dicendo: — Gran mercé a messer lo frate, che cosí bene t’insegnò la via da venirci. — Ed appresso, prendendo l’un dell’altro piacere, ragionando e ridendo molto della simplicitá di frate bestia, biasimando i lucignoli ed i pettini e gli scardassi, insieme con gran diletto si sollazzarono. E dato ordine a’ lor fatti, si fecero, che, senza aver piú a tornare a messer lo frate, molte altre notti con pari letizia insieme si ritrovarono; alle quali io priego Iddio per la sua santa misericordia che tosto conduca me e tutte l’anime cristiane che voglia n’hanno.