la restituzione di fiorini cinquemilia d’oro e delle cose, chiaramente, come stato era il fatto, narrò ogni cosa. Ed avendo Ambruogiuol detto, Sicurano, quasi esecutore del soldano in quello, rivolto a Bernabò, disse: — E tu che facesti per questa bugia alla tua donna? — A cui Bernabò rispose: — Io, vinto dall’ira della perdita de’ miei denari e dall’onta della vergogna che mi parea avere ricevuta dalla mia donna, la feci ad un mio famigliare uccidere, e secondo che egli mi rapportò, ella fu prestamente divorata da molti lupi. — Queste cose cosí nella presenza del soldan dette e da lui tutte udite ed intese, non sappiendo egli ancora a che Sicurano, che questo ordinato avea e domandato, volesse riuscire, gli disse Sicurano: — Signor mio, assai chiaramente potete conoscere quanto quella buona donna gloriarsi possa d’amante e di marito: ché l’amante ad una ora lei priva d’onor con bugie guastando la fama sua e diserta il marito di lei, ed il marito, piú credulo alle altrui falsitá che alla veritá da lui per lunga esperienza potuta conoscere, la fa uccidere e mangiare a’ lupi; ed oltre a questo, è tanto il bene e l’amore che l’amico ed il marito le porta, che, con lei lungamente dimorati, niun la conosce. Ma per ciò che voi ottimamente conoscete quello che ciascun di costoro ha meritato, ove voi mi vogliate di spezial grazia fare di punire lo ’ngannatore e perdonare allo ’ngannato, io la farò qui in vostra ed in lor presenza venire. — Il soldano, disposto in questa cosa di volere in tutto compiacere a Sicurano, disse che gli piacea e che facesse la donna venire. Maravigliavasi forte Bernabò, il quale lei per fermo morta credea; ed Ambruogiuolo, giá del suo male indovino, di peggio avea paura che di pagar denari, né sapea che si sperare o che piú temere, perché quivi la donna venisse, ma piú con maraviglia la sua venuta aspettava. Fatta adunque la concession dal soldano a Sicurano, esso, piagnendo ed inginocchion dinanzi al soldano gittatosi, quasi ad una ora la maschil voce ed il piú non volere maschio parere si partí, e disse: — Signor mio, io sono la misera sventurata Zinevra, sei anni andata tapinando in forma d’uom per lo mondo, da questo traditor d’Ambruogiuolo falsamente e