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166 giornata seconda

Acri, la quale sotto la signoria del soldano era, ed acciò che i mercatanti e le mercatantíe sicure stessero, era il soldano sempre usato di mandarvi, oltre agli altri suoi uficiali, alcuno de’ suoi grandi uomini con gente che alla guardia attendesse; nella quale bisogna, sopravvegnendo il tempo, diliberò di mandare Sicurano, il quale giá ottimamente la lingua sapeva, e cosí fece. Venuto adunque Sicurano in Acri signore e capitano della guardia de’ mercatanti e della mercatantía, e quivi bene e sollecitamente faccendo ciò che al suo uficio appartenea, ed andando da torno veggendo, e molti mercatanti e ciciliani e pisani e genovesi e viniziani ed altri italiani veggendovi, con loro volentieri si dimesticava per rimembranza della contrada sua. Ora, avvenne tra l’altre volte che, essendo egli ad un fondaco di mercatanti viniziani smontato, gli vennero vedute tra altre gioie una borsa ed una cintura le quali egli prestamente riconobbe essere state sue, e maravigliossi: ma senza altra vista fare, piacevolemente domandò di cui fossero e se vendere si voleano. Era quivi venuto Ambruogiuolo da Piagenza con molta mercatantía in su una nave di viniziani; il quale, udendo che il capitano della guardia domandava di cui fossero, si trasse avanti e ridendo disse: — Messer, le cose son mie, e non le vendo, ma se elle vi piacciono, io le vi donerò volentieri. — Sicurano, veggendol ridere, auspicò non costui in alcuno atto l’avesse raffigurato; ma pur, fermo viso faccendo, disse: — Tu ridi forse perché vedi me uom d’arme andar domandando di queste cose feminili. — Disse Ambruogiuolo: — Messere, io non rido di ciò, ma rido del modo nel quale io le guadagnai. — A cui Sicuran disse: — Deh! se Iddio ti déa buona ventura, se egli non è disdicevole, diccelo come tu le guadagnasti. — Messere, — disse Ambruogiuolo — queste mi donò con alcuna altra cosa una gentil donna di Genova chiamata madonna Zinevra, moglie di Bernabò Lomellin, una notte che io giacqui con lei, e pregommi che per suo amore io le tenessi. Ora, risi io per ciò che egli mi ricordò della sciocchezza di Bernabò, il quale fu di tanta follia, che mise cinquemilia fiorin d’oro contro a mille che io la sua donna non recherei a’ miei