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a papa nicolò quinto. 471

è di nostra giusta intenzione, succintamente ti farà chiaro che noi, vendicatore dello effuso ingiustamente sangue d’Ettor e degli altri Trojani, con maturissimo consiglio avemo presa la spada a vendicarci di tutta la Grecia e de’ suoi aderenti, deliberati spegnere e recare al fondo qualunque che con pertinacia vorrà absistere a non ci dare obbedienza, e a chiedere misericordia con buon core. Poi come vero e legittimo erede e successore del primo Cesare, disceso per dritta linea dal vero sangue del nostro Enea, intendiamo volere sotto il nostro dominio la nostra gratissima città di Roma con quanto a quella di ragione s’aspetta: la quale non tu, ma i tuoi antecessori ce l’hanno di madonna del mondo fatta casa di schiavi e di Tedeschi, e stalla di cavagli, e ridotto il sacro nostro Campidoglio a macello d’uomini; atterrando il famoso Coliseo, e profondato ogni nostro tempio e triunfo. E acciocchè tu possa comprendere chiaro quanto tu e tuoi seguaci non possa non solamente impedire, ma di niuno attimo d’ora tardare nostra intenzione, e anche perchè tu sappia quanto sia la mia impresa; di sua spontanea volontà mi si sono offerti, e io