dalla mia puerizia usata appresso le fanciulle del re, e le donne delle mogli, non è maraviglia ch’io abbia presi i loro costumi e animo; la qual cosa basta ad acquistare nobiltà reale. Ma perchè più parole? Io farò a te lievemente quello che tu con tutta tua forza ti sforzasti fare a me: negasti te essere mio marito; ma io volontariamente ti concedo che tu non sii mio marito, e benchè io abbia vinto te essere mio. La nobiltà reale sia tua, nondimeno bruttata d’infamia di falsità, sia tua la giovanile fortezza; tua sia la caduca bellezza, e io da qui innanzi sarò contenta della mia vedovità; e le ricchezze le quali Iddio mi ha prestate lascerò a più onesto erede, che a quegli che fussero generati da te. Partiti adunque, infelice giovane: e perchè tu hai fatta indegna cosa contro di me, impara alle tue spese con che arti, con inganni tu ti faccia beffe dell’altre femmine: a me basta ch’io sia ingannata da te una volta. Per la qual cosa io ho in animo non essere mai insieme con teco: ma molto penso che sia da tenere1 innanzi servare vita casta,
- ↑ Cod. Cass. temere innanzi. Test. Lat. præponendam.