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capitolo cii. 443

dalle catene, dalla prigione, dall’estrema miseria. Io ti drizzai a speranza, essendo tu già caduto in disperazione; io t’indussi nella patria; io ti ritornai nella casa reale nella prima vita; io t’ho fatto reale, robusto e bello giovane, di prigione brutto e debole. Ma perchè ti ridico io a memoria quelle cose delle quali ti dei ricordare, e che tu non puoi negare? ora tu per si memorabili servigi m’hai rendute queste grazie, e che hai ardito dire te non essere mio marito e dispregiare lo matrimonio fermato per onesti e santi testimonj e per sagrate carte; e la tua ricomperazione dispregiare, e invilire; e macchiare me, se tu avessi potuto, con brutta sospizione. Tu uomo di non sana mente ti vergognavi d’avere per moglie una vedova nata di padre d’ordine di cavalleria? or quanto era meglio esserti vergognato di avere fallito alla detta fede, avere dispregiato1 lo santo e terribile nome di Dio, e con la tua ingratitudine maladetta avere mostrata quanta abbondanza di vizj2 tu abbia. Io confesso me non essere donna di schiatta reale, ma essendo io

  1. Cod. Cass. avere dispregiare.
  2. Idem, divirtu. Test. Lat. vitiorum.