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capitolo cii. 441

dere quello sia da commettere alla tua fede, quello che gli amici possano sperare, quello che i nimici possono temere. Io ho perduto l’oro, e tu la fama, io ho perduto la speranza, e tu la grazia del re e degli amici. Le donne di Sicilia si maravigliano della mia cortesia, e magnificommi la loro lode; tu se’ fatto a conoscenti e a non conoscenti vituperoso giuoco. In questo nondimeno per alcuno spazio sono stata ingannata: io pensava avere tratto di prigione reale e magnifico giovane, dove io veggo avere liberato bugiardo ribaldo, traditore e ruffiano, crudele bestia. E non voglio che tu creda avermi tratto in questo: mossemi la recordazione de’ beneficj di tuo padre, se il serenissimo Federigo, re di santa recordazione fu, tuo padre, la qual cosa appena posso credere, che di sì famoso principe nascesse sì scornato figliuolo. Tu pensasti indegna cosa, che una vedova di sangue non reale avesse marito di schiatta reale, giovane robusto e bello, la qual cosa io confesso volontariamente. Ma io vorrei, e tu puoi con ragione, che tu mi risponda: quando io credeva averti fatto mio col mio servizio, e quando io pagai per la tua libertà moneta,