glia, quanto per lo spazio gli fu conceduto, e diede lo segno della battaglia. Già erano presso i nimici, i quali, levato lo rumore, avevano mescolate le prode con l’armata de’ Siciliani la quale veniva pianamente, e incominciava la battaglia. Gittati uncini di ferro nel primo assalto con lance e con saette, stando pigri e quasi smarriti i Siciliani per la subita commutazione; la gente di Gottifredo innanzi volontariamente correndo a presentarsi ai navili de’ nimici, cominciarono a combattere con le mani e con le spade, e a bagnare ogni cosa di sangue. I Siciliani, già disfidandosi, rivolgendo le prode, quegli che poterono, volsero le spalle. E apparendo quegli di Gottifredo essere vincitori, affondaronsi molte delle navi de’ Siciliani, e molte ne furono prese, e poche più leggieri per virtù de’ galeotti camparono salve. E in quella battaglia pochi morirono, ma molti ne furono feriti: Giovanni, prefetto dell’armata, fu preso, e con lui tutti i nobili i quali volontariamente erano andati in su l’armata, e de’ galeotti molti, e molte insegne de’ cavalieri e delle navi, e il grande stendardo del re, lo quale era portato nella nave del pretore. E essendo