Pagina:Boccaccio - De claris mulieribus.djvu/393


capitolo lxxxxi. 389

Crescendo certamente appresso i Romani e tutti gl’Italiani la superbia e la lascivia di Nerone imperadore romano, avvenne che Lucio Pisone principe, e alcuni senatori e altri cittadini fecero congiura contro lui, e tentando mandare ogni cosa a termini con varj parlamenti1, venne a notizia di Epitare predetta. Ma indugiandosi troppo la cosa a suo parere, quasi gravata di rincrescimento andò in campagna; e a caso stando a Pozzuoli, acciocchè non passasse il tempo vacuo, andò a Volusio Proculo, prefetto dell’armata dei Romani, il quale avea morto Agrippina, pensando dare grande aiutorio alla congiurazione, se ella lo potesse trarre a quella parte. E mostrato a quello con lungo ordine la perfidia, i fastidj, le disconcità de’ costumi, la superbia, e poi la ingratitudine di quello contro a lui, che per sì gran fatto (cioè la morte d’Agrippina) in niuna cosa lo avesse promosso, come l’avesse ben servito; manifestogli il tradimento, e con tutta sua forza adoperò aggiungerlo compagno dei congiurati. Ma seguì molto di-

  1. Test. Lat.. Dumque rem in finem trhaere variis tentarent colloquiis.