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capitolo lxxxv. 359

morte d’Aristobolo preso maledetto odio contro a Erode, vedendo sè non essere amata, se non per usare sua bellezza, multiplicò l’ira, portando molestamente che egli avesse dannato la sua vita due volte ingiustamente. E benchè ella avesse generato di lui Alessandro e Aristobolo, due bellissimi figliuoli, non potè temperare lo suo pensiero in alcuna cosa: e per questo pensiero essendo stimolata, dispose negare sua lussuria allo amante marito; e dispregiandolo, quasi come in lei fusse risuscitata tutta la virtù dell’antica schiatta reale, con alcuni superbi atti s’ingegnava calcare tutta la sua potenzia, non temendo palesamente dire spesse volte: Erode essere di altra nazione, e non Giudeo, e che egli non era di schiatta reale, anzi uomo di Idumea e senza nobiltà; e che egli non era da avere per moglie una reina, come crudele, superbo, disleale e scellerata bestia. Le quali cose benchè Erode portasse con difficoltà1, nondimeno perchè l’amore lo vietava, non ardiva fare contro a lei alcuna crudeltà. Ma finalmente

  1. Cod. Cass. chonfinita. Test. Lat. difficultate pateretur.