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capitolo lxx. 313

d’uno sasso, avendolo fallito con la lancia; e con isdegno menò lo carro sopra lo corpo di quello, avendolo abbattuto per terra, e fra l’arme de’ nemici, non percossa d’alcuna paura di suo fratello nemico allora; infino che ella arrivò alla casa, dove ella pensava essere serrato il corpo del morto fanciullo; e miserabile pianselo come madre, e pagò lo suo debito. O Dio! come le forze della natura sono inespugnabili! fortezza1 invincibile di amore! Che maggiore, e che maravigliosa cosa poteste voi fare? Voi faceste, che una femmina senza paura, armata per vostro stimolo, passasse per l’oste di formidabile re, la quale oste era temuta da tutta Asia2, e forse già da Italia; e le deste vigore e ardire di vendicarsi contro l’odio portatole da lui, che come vincitore aspettava avere ad essere richiesto di grazie e non sforzato di potenza3. E nondimeno alcuni hanno detto,

  1. Test. Lat. O amoris invicti fortitudo.
  2. Cod. Cass. equoti oste e sono tenuta. Test. Lat. quos (exercitus) omnis Asia, et forsan jam Italia tremebat.
  3. Betuss. Cod. Cass. dispreggiando lapos-