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capitolo lxviii. 303

mandogli, ch’egli portasse quello disfatto in una coppa a Sofonisba, e che le dicesse: Che volentieri le avea promesso fè per osservargliela, se potesse; ma perchè gli era tolto la speranza da quegli che potevano, davale la fè che ella avea domandata, e non senza sua tristizia; così che dovesse usar quella bevanda1, acciocchè ella andasse viva in potestà de’ Romani; e nondimeno, che ella si ricordasse chi fu suo padre, e di che patria ella fusse; e che ella si ricordasse di due re ai quali poco innanzi era stata maritata; e che ella deliberasse quello che le paresse. La quale per certo, udito il messo, con costante volto disse: Io accetto il dono delle nozze, se il mio marito non può dare altro dono: ma rapportagli, che io moriva meglio se non avessi preso marito alla mia morte. E disse più aspramente queste parole, che ella non pigliò lo veleno: e non mostrando alcuno segno di paura, subito bevvelo tutto; e non insuperbita contro alla morte, che ella avea cercata, miserabile cadde. E certo sarebbe fatto grande, e mirabile cosa à uno annoso

  1. Betuss.