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nicaula, capitolo xli. 201


rono la sepoltura di Didone, grande e magnifica non solamente d’onori umani, ma eziandio di divini a suo potere; e onoravano quella non solamente in luogo di comune ma dre e reina, ma in luogo di gloriosa Dea. E continuamente obbedendo a quella infino che durò Cartagine, ebbero quella in reverenzia con are1, templi e sacrificj2.

CAPITOLO XLI.

Nicaula, Reina d'Etiopia.

Nicaula, secondo che si può comprendere, nacque nell’estremo d’Etiopia, la quale per certo fu degna di ricordanza, quanto ella, nata tra gente non costumata, fu più famosa di costumi. È manifesto, che mancando i Faraoni , ovvero la schiatta di quegli, se noi dovemo dare fede agli antichi, ella fu famosissima reina d’Etiopia e d’Egitto. Secondo che dicono alcuni, fu reina d’Arcadia, e che

  1. Cod. Cass. ebbero quella reverenzia chonarti. Test. Lat. aris coluere.
  2. Nel leggere queste sentenze durerà fatica a credere il leggitore, essere state scritte da quel Boccaccio, che in tanta furia di laidezze trascorse nelle pagine del Decamerone. Ma poniamo mente al morale cangiamento della vita di M. Francesco, e sarà tolto ogni dubbio, anzi torremo argomento, avere il medesimo scritto il Libro delle Donne Illustri dopo il 1362, nel quale anno egli fu tornato a mente più pura dal P. Gioacchino Ciani Certosino. Boccaccio menava i giorni a mo’ di persona solo del presente sollecita, e dava sciolta la briglia a sua libidine; e dipingendo nel Decamerone la varia natura degli uomini in varia condizione di vita, propinava ad altrui quel veleno, del quale avea corrotta la mente ed il cuore. Quando, vicino a morte il Beato Pietroni Certosino, uomo tutto di Dio, quasi confortato da superno volere, mandò per M. Boccaccio un confratello di lui P. Gioacchino Ciani, perchè lo traesse di quella pozzanghera di vizj. Come ilbuon frate si fu al cospetto di Boccaccio, prendendo i modi di persona diputata da Dio, dissegli: Sovrastargli prossima e miseranda fine, se non rimetteva dalle turpitudini, e dal trarre altrui in lussuria co’ suoi scritti. Queste e simili cose dicendo il frate, Messer Boccaccio fu colto da grandissimo spavento; e tanto fermò l’animo suo nel divisamento di darsi a Dio, che forse in qualche convento avrebbe finiti i suoi giorni, se non l’avesse stornato l’amico di lui Petrarca. Se dunque in queste Vite, o leggitore, tu vedi Boccaccio dar documenti di morale differenti da quelli del Decamerone, tienlo per convertito; e poni, essere stato scritto questo Libro dopo il 1362, nel quale anno, cangiata la mente dell’autore, questi cangiò anche foggia di scrivere.