Nol so, ma credo che di paradiso 50Ella venisse, come io già dissi,
Tanta ha biltà, valore e dolce riso.
O felice colui (con gli occhi fissi
A lei allora a dire incominciai)
Cui tu del tuo piacer degno coprissi: 55Ringraziato possa esser sempre mai
Il tuo fattore, siccom’egli è degno,
Veggendo le bellezze che tu hai.
Se un’altra volta il suo beato ingegno
Ponesse a far sì bella creatura, 60Credo che lieto il doloroso regno
E’ metterebbe in gioia fuor misura;
Che i santi scenderiano alla tua luce,
E que’ d’abisso verrieno in altura.
Con questa gioia, credo, si conduce 65Ciascun di questi, ch’è pien della grazia
Di quel (ricominciai) che qui è duce.
Oh quanto è glorïoso chi si spazia
Ne’ suoi disiri medïante questo,
Se con vile atto tosto non sen sazia. 70Non è occulto ciò, poscia che presto,
Chi più ha pena, più oltre s’invia
A volerne sentir, benchè molesto,
Dolendo sè, altrui dica che sia:
Dunque se questo martíre è söave, 75La pace che ne segue chente fia?
O quanti e quali già il tenner grave,
Ch’avriano il collo a via maggior gravezza
Posto, sapendo il dolce che in sè have.