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64 | Giovanni Boccacci |
Che portin pace a ben mille martiri,5
Che nascon del desio, ch’io non potei
Quel dì1 frenar, ch’è arbitrio delli dei,
D’entrar per voi negli amorosi giri.
Et se quei, che nel mio pecto portaro
Con amore speranza, non mi sono10
Benigni, da cui dunque aspecto pace?
Io non domando al vostro honor contraro,
Ma mi facciate d’un sospiro dono,
Il qual mitighi il foco che mi sface2.
XX.
Sì dolcemente a’ sua lacci m’adesca
Amor con gli occhi vaghi di costei,
Che, quanto più m’allontano da lei,
Più vi tira ’l desio et più l’invesca:
Per ch’io non veggio come mai me n’esca;5
Et certo riuscirne non vorrei,
Tanto contenta tutti e desir miei
I suoi costumi et l’honestà donnesca3.
Chi vuol si doglia et piangasi d’Amore,
Ch’io me ne lodo per insino ad ora,10
Se più4 non m’arde il caro signor mio;
Et benedico quel vago splendore
- ↑ Il giorno dell’innamoramento.
- ↑ Nella chiusa del sonetto precedente era anche espressa un’aspirazione, ma più pura e quasi incorporea; qui, pur insistendo sul non voler nulla di contrario all’onore della donna, il desiderio si viene materializzando.
- ↑ «Signorile.»
- ↑ Più di così.