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62 | Giovanni Boccacci |
XVI.
Le parole soave, el dolce riso,
La treccia d’oro, che ’l cor m’à legato
Et messo nelle man che m’ànno ucciso
Già mille volte e ’n vita ritornato
Di nuovo, m’ànno sì ’l pecto infiammato,5
Che tutto il mio desire al vago viso
Rivolto s’è, et altro non m’è grato
Che di vederlo et di mirarlo fiso.
In quel mi par veder quant’allegrezza
Che fa beati gli occhi de’ mortali,10
Che si fan degni d’eterna salute.
In quel risplende chiara la bellezza
Che ’l ciel adorna et che n’impenna l’ali
A l’alto vol con penne di virtute.
XVII.
Spesso m’advien ch’essendom’io raccolto
Co’ miei pensier partito1 dalla gente,
Senza d’onde veder2, nella mia mente
Sen vien colei nel cui celeste volto
La mia salute sta, et che, disciolto,5
Ne’ legami d’amor soavemente
Con gli occhi sua mi pose, et lietamente
A sé tir’ ogni spirto altrove volto.