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Rime 53

     E ’n più1 donne, far festa: et l’aureo vello
     Le cingea ’l capo in guisa, che capello
     Del vago nodo non usciva fuora.
Neptunno Glauco Phorco et la gran Theti2
     Dal mar lei riguardavan sì contenti,10
     Che dir parevon: — Giove, altro non voglio —.
     Io, da un ronchio, fissi agli occhi lieti
     Sì adoppiati3 aveva e sentimenti,
     Ch’un saxo paravamo io et lo scoglio.


IV.


Guidommi Amor, ardendo anchora il sole
     Sopra l’acque di Iulio4, in un mirteto,
     Et era il mar tranquillo e il ciel quieto,
     Quantunque alquanto zephir, come suole,
     Movesse agli arbuscei le cime sole;5
     Quando mi parve udire un canto lieto
     Tanto, che simil non fu’ consueto
     D’udir già mai nelle mortali scuole.
Per ch’io: angela forse o nimpha o dea
     Canta con seco in questo loco eletto,10



  1. In più, «inoltre, di più.»
  2. Tutte divinità marine.
  3. ‘Cioè era tanto inebriato. Volle esprimere con tal voce l’ebbrezza cagionata dall’oppio’ (Baldelli).
  4. È una reminiscenza vergiliana: ‘Iulia qua ponto longe sonat aqua refuso’ (Georg., II, 163). Nell’anno 717 di Roma Ottaviano, per consiglio d’Agrippa, ampliò il porto Baiano nel golfo di Pozzuoli, congiungendo il lago Lucrino con il lago Averno; ebbe così origine il portus Iulius, di cui Svetonio: ‘[Augusto] scavò il porto Giulio presso Baia, posti in comunicazione col mare il lago Lucrino e l’Averno’ (Aug., 16; versione di G. Rigutini).