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52 Giovanni Boccacci

II.


All’ombra di mill’arbori fronzuti,
     In habito leggiadro et gentilesco,
     Con gli occhi vaghi et col cianciar donnesco
     Lacci tendea, da llei prima tessuti
     De’ suoi biondi capei crespi et soluti5
     Al vento lieve, in prato verde et fresco,
     Una angiolella; a’ quai giungeva vesco
     Tenace Amor et hami aspri et acuti.
Da’ quai, chi v’incappava lei mirando
     Invan tentava poi lo svilupparsi,10
     Tant’era l’artificio che i teneva.
     Et io lo so, che, me di me fidando
     Più che ’l dovere infra e lacciuoli sparsi,
     Fui preso da virtù ch’io non vedeva1.


III.


Il Cancro ardea, passata la sext’hora2,
     Spirava zephiro e il temp’era bello,
     Quieto il mar, e in sul lito di quello,
     In parte dove il sol non era anchora,
     Vidd’io colei che ’l ciel di sé innamora,5



    nel volume Pei regni dell’arte e della critica, pp. 65-66); ‘tutto il son. rammenta la pastorella straniera, la cui trama è spesso un idillio contemplato dal poeta o cavaliere’ (Zingarelli, Le opere di G. Bocc. scelte e illustrate, p. 242).

  1. È adombrata, forse con reminiscenze petrarchesche, l’occasione dell’innamoramento.
  2. D’estate (giugno-luglio), poco dopo mezzogiorno.