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16 | Giovanni Boccacci |
Quivi trovaro pieni di furore
Due orsi grandi e negli occhi focosi,
Tal che ciascuna n’ebbe allor tremore.15
Ma Beritola pria rasicurosi,
E, amettendo i can, della faretra
Trasse saette, e alquanto alungosi,
E l’un ferì, ma quanto in una petra
V’entrò il ferro; e ella l’altra trasse,20
Ma quella come l’altra anchor s’aretra.
Parve ch’allor Beritola sdegnasse,
Insieme con Sobilia, e adirorsi
Non potendoli avere, e eran lasse.
Le cocche de’ loro archi in man voltorsi,25
E d’ira accese più s’asicuraro,
E più si fen vicine all’un degli orsi;
E ’n su la testa sì forte i donaro,
Che cadde semivivo, e l’altro poi
Con più vigore i lor cani adentaro.30
Ciascuna con romore atava i suoi,
Fin che ’l secondo, da’ cani abattuto,
Presero, e se n’andar con ambenduoi.
Principessella, quantunque era suto
Del giorno, tanto, con reti e con arte,35
Aveva un leoncel prender voluto.
Ma non l’avea potuto anchora in parte
Col senno suo recar, sì che si fosse
Punto incappato nelle reti sparte.
Sottile aviso subito la mosse,40
E prese un cavriol dall’altre preso:
Morto ’l gittò nelle ’nretite fosse.
Vide quel cavriol morto disteso
Il leoncello nella fossa stare;
Corsevi allor da fame forse offeso,45