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168 | Giovanni Boccacci |
E Speranza e Paura a star con esso1;
Le quale, a lui tenendosi da presso,5
Or tristo el fanno e or parer beato,
Or arder tutto e or tutto gelato,
Or pianger or cantare, e quest’è spesso2.
Onde il girato in così fatti stremi3
Forte si duole per tal offensione,10
Grida mercé, e, perché nulla vale,
Alzato à vela e posto mano a’ remi
Più volte già per uscir di prigione:
Ma tosto al vol li son strappate l’ale4.
Io mi credeva troppo ben l’altrieri
Ricoverato5 aver mia libertate:
Rotti aveva i legami e ispezate
Le porte e ingannati i prigionieri6,
E come per salvatichi sentieri5
Fuggiva forte e per vie disusate;
Ma la sventura, che le mia pedate
Seguiva, fece vani i mia pensieri.
Perciò ch’Amor, d’ond’io non avisai7,
Vedendo mi rinchiude8 e le sua armi10
Ver me drizando gridò: — Tu se’ giunto!
- ↑ Il cuore.
- ↑ Per quest’avvicendarsi di stati d’animo contraddittori cfr. particolarmente i sonetti XXIV e LXVIII.
- ↑ Sempre il cuore.
- ↑ «Gli è reso impossibile l’uscire di prigionia.»
- ↑ «Ricuperato.»
- ↑ «I custodi della prigione,» che saranno le varie personificazioni indicate nel son. precedente, vv. 3-4.
- ↑ «Venendomi contro da una parte alla quale io non avevo posto mente.»
- ↑ «Mi preclude la via.»