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Avvertenza xi

assai notevole è in essa l’imitazione, spesso palese, delle forme dantesche; e le rime (per ripetere le parole degli ultimi editori), ‘intessute, e allungate anche troppo, sopra un tenue e monotono argomento madrigalesco, non son tutte prive d’eleganza’1.

Che il poemetto sia, secondo ogni verisimiglianza, anteriore al cominciamento dell’amore per la Fiammetta, si ricava dal non trovarsi la donna del poeta indicata col celebre pseudonimo, con cui sempre Giovanni chiamò la presunta bastarda del re Roberto2; e però quell’indeterminata e impenetrabile designazione della bella donna3 sarà da riferire ad alcuna delle gioconde creature, i cui amori, attestatici da note pagine autobiografiche, precedettero la più focosa passione. Apparterrà dunque la Caccia di Diana a quel periodo di galante vagheggiamento delle belle napoletane, del quale ci documenta a sufficienza l’Ameto ove narra di Caleone (lo scrittore), che, ‘coi me gli altri giovani le chiare bellezze delle donne d- questa terra andavano riguardando,’ così egli per sua parte faceva; segue quindi il racconto delle relazioni con due graziose ‘ninfe’ chiamate Pampinea ed Abrotonia, ed infine, ricordata una visione-presagio riferibile al novembre-dicembre 13344, è detto che Caleone si pose ad andare ‘con ferma speranza più volte cercando in ogni luogo ove belle donne si ragunassero,’ ma che passarono sedici mesi ‘avanti che la servata immagine in lui (quella di Fiammetta)


  1. Cfr. la stampa Morpurgo-Zenatti, p. 4.
  2. Si veda qui oltre, p. 8, n. 1.
  3. Cfr. i luoghi seguenti della Caccia: I 46-55; II 32; IV 1, 11-12, 31, 56; V 52; XVI 46; XVII 4; XVIII 10-58.
  4. Cfr. qui, p. 83, n. 2.