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144 | Giovanni Boccacci |
Tolser la speme del mio pervenire1,
Vinto, lasciai la speme del viaggio,
Le rime e i versi e i miei pensieri stanchi:
Ond’or non so, com’io solea già, dire2.
CVIII.
Il vivo fonte di Parnaso et quelle
Frondi, che furn’ad Apollo più care3,
M’à facto lungo tempo Amor cercare
Driet’alla guida delle vaghe stelle4,
Che5 fra l’ombre salvatiche le belle5
Muse già fer molte volte cantare;
Né m’à voluto fortuna prestare
D’esser potuto pervenire ad elle6.
Credo n’à colpa il mio debil ingegno,
Ch’alzar non può a voi sì alto l’ale,10
Et non à già studio o tempo perduto.
Darò dunche riposo all’alma frale7,
- ↑ Alla meta.
- ↑ Per il concetto questa poesia si lega strettamente con quella che segue.
- ↑ Cfr. CVII, 2-4.
- ↑ Gli occhi della sua donna.
- ↑ Si riferisce al vivo fonte di Parnaso e alle frondi ad Apollo più care.
- ↑ Alle frondi, ossia alla laurea. ‘Così anche il B. ha aspirato alla laurea poetica, e quantunque mostri di non sentirsene degno, egli aveva pure la coscienza del suo valore grande e dei suoi studi’ (Zingarelli).
- ↑ «Debole, fiacca.»