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Rime | 137 |
Drieto all’orme di quella, il cui bel velo1
Cenere è facto, et ella è facta dea.
Quivi sì vaga et lieta la vedea,5
Ch’arder mi parve di più caldo gielo2
Ch’io non solea, et dileguarsi il gelo
Ch’in pianto doloroso mi tenea.
Et, guardando, l’angelica figura
La man distese, come se volesse10
Prender la mia; et io mi risvegliai.
O quanta fu la mia disaventura!
Chi sa, se ella allor preso m’avesse,
Et s’io quaggiù più ritornava mai?
C.
Se la fiamma degli occhi, ch’or son sancti3,
Et che per me fur dardi et poi catene,
Mortificasse alquanto le mia pene
Et rasciugasse e grevi et lunghi pianti,
Io udirei quelli angelici canti,5
Ch’ode chi vede il sommo et vero bene4,
Né vagando anderei drieto alla spene5,
Ch’in questa vita molti ne fa erranti.
Ma essa, eterna, le cose mortali
Disdegna, et ride del pensier fallace,10
Che mi sospinge dov’ognor più ardo;