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Rime 133

XCIII.


Fuggit’è ogni virtù, spent’è il valore
     Che fece Italia già donna del mondo,
     Et le Muse castalie son in fondo,
     Né cura quas’alcun del lor honore.
     Del verde lauro più fronda né fiore5
     In pregio sono, et ciascun sotto il pondo
     Dell’arricchir sottentra, et del profondo
     Surgono i vitii triomphando fore.
Per che, se i maggior nostri ànno lasciato
     Il vago stil de’ versi et delle prose,10
     Esser non deti maraviglia alcuna.
     Piangi dunque con meco il nostro stato,
     L’uso moderno et l’opre vitiose,
     Cui hoggi favoreggia la fortuna.


XCIV.


Apitio legge1 nelle nostre scole
     E ’l re Sardanapalo2, et lor doctrina
     Di gran lunga è preposta alla divina
     Dagli otii dishonesti et dalle gole.


    vinta ed oppressa alla giustizia’ (Carducci), con reminiscenze dantesche (Par., XXII, 16-18).

  1. «Insegna.» Apicio è il famoso ghiottone del tempo di Tiberio, autore di un trattato di arte culinaria.
  2. Anche Dante lo nomina come esempio antonomastico di mollezza e di corruzione (Par., XV, 107-108).