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128 | Giovanni Boccacci |
LXXXV.
Quand’io riguardo me vie più che ’l vetro
Fragile, et gli anni fuggir com’il vento,
Sì pietoso di me meco divento,
Che dir nol porria lingua, non che metro;
Piangendo il tempo, ch’ò lasciat’adietro,5
Mal operato1 et prendendo spavento
De’ casi, i quai talora a cento a cento
Posson del viver tormi il cammin tetro.
Né mi può doglia, per ciò, né paura
La vaga donna trarre della mente,10
Dov’Amor disegnò la sua figura.
Per che, s’io non m’inganno, certamente
La fine a quest’amor la sepultura
Darà, et altro no, ultimamente.
LXXXVL.
Ipocrate Avicenna o Galieno2,
Diamante zaphir perla o rubino3,
Brettonica marrobbio o rosmarino4,
Psalmo evangelio et oration vien meno;
Piova né vento, nuvol né sereno,5