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Rime 99

     De’ tuo’ vaghi occhi, qualor gli vedea,
     Giovine bella, quasi che fuggita;
     Pur sostenea la deboletta vita5
     Un soave pensier, che mi dicea,
     Quando di ciò co’ meco mi dolea:
     Tosto sarà omai la suo’ reddita1!
Ma cciò mai non avene, e me partire
     Or convien contr’a grado2, né speranza10
     Di mai vederti mi rimane alcuna.
     Onde morrommi, caro mio disire,
     O piangerò, il tempo che mi avanza,
     Lontano a tte, la mie’ crudel fortuna.


LXVII.


Poscia che gli occhi mia la vaga vista
     Ànno perduta, il cui lieto splendore
     Ciaschedun mio desir caldo d’amore
     Facea contento in questa valle trista,
     Dove più noia chi più vive acquista;5
     Non curo omai se del dolente core,
     Alma, ten vai, perciò che ’l mio dolore
     Non regolerà mai discreto artista.
Anzi ten va, ch’io, che solea cantare,
     Non vo’ pascer l’invidia di coloro10
     A’ quai doler solea la mia letitia.


  1. «Ritorno».
  2. Se il presente sonetto fu scritto, come non mi sembra si possa dubitare, al tempo della partenza del Boccacci da Napoli per Firenze (cfr. Della Torre, op. cit., p. 348), sarà facile assegnarne la data al mese di novembre o dicembre 1340.