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quali nelle mie afflizioni consolare mi solea, andatomene, ogni cosa veduta e udita per ordine raccontai; li quali ottimamente esponendomi ogni particella del sogno, nella mia disposizione medesima tutti concorrere li trovai; per che si per li loro conforti e si per lo conoscimento, che in parte m’era tornato migliore, al tutto al dipartire dal nefario amore della scellerata femmina mi dispuosi.

Alla quale disposizione fu la divina grazia si favorevole che infra pochi di la perduta libertá racquistai; e, come io mi soleva, cosí sono mio: grazie e lode n’abbia colui che fatto l’ha. E sanza fallo, se tempo mi fia conceduto, io spero si con parole gastigar colei che, vilissima cosa essendo, altrui schernire co’ suoi amanti presume, che mai lettera non mosterrá, che mandata le sia, che della mia e del mio nome con dolore e con vergogna non si ricordi. E voi vi rimanete con Dio.

Piccola mia operetta, venuto è il tuo fine e da dare è ornai riposo alla mano; e perciò ingegnerá’ti d’essere utile a coloro, e massimamente a’ giovani, i quali con gli occhi chiusi, per li non sicuri luoghi, troppo di sé fidandosi, senza guida si mettono; e del benificio, da me ricevuto dalla genitrice della salute nostra, sarai testimone. Ma, sopra ogni cosa, ti guarda di non venire alle mani delle malvage femmine; e massimamente di colei che ogni demonio di malvagitá trapassa e che della presente tua fatica è stata cagione: per ciò che tu saresti lá mal ricevuta; ed ella è da pugnere con piú acuto stimolo che tu non porti con teco. Il quale, concedendolo colui, che d’ogni grazia è donatore, tosto a pugnerla, non temendo, le si faccia incontro.