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mentre nelle parole artificialmente dette sará alcuna forza o virtú, a niuno mio successore lascerò a fare delle ingiurie ricevute da me vendetta, solo che tanto tempo mi sia prestato ch’io possa o concordare le rime o distendere le prese. La vendetta daddovero, la quale i piú degli uomini giudicherebbon che fosse da far con ferri, questa lascerò io a fare al mio signore Dio il quale mai niuna mal fatta cosa lasciò impunita. E nel vero, se tempo da troppo affrettata morte non m’è tolto, io la farò, con tanto cruccio di lei e con tanto vituperio della sua viltá, ricredente della sua bestialitá, mostrandole che tutti gli uomini non sono da dovere essere scherniti ad uno modo, che ella vorrebbe cosí bene essere digiuna d’avermi mai veduto, come io abbia desiderato o disidero d’essere digiuno d’avere veduta lei. Ora io non so, se animo non si muta, la nostra cittá avrá un buon tempo poco che cantare altro che delle sue miserie o cattivitá; senza che io m’ingegnerò con piú perpetuo verso testimonianza delle sue malvage e disoneste opere lasciare a’ futuri. —

E, questo detto, mi tacqui; ed esso altresi si taceva; per che io ricominciai:

— Mentre quello a venire pena, che tu aspetti, ti priego a un mio desiderio sodisfacci. Io non mi ricordo che mai, mentre nel mortale mondo dimorasti, teco né parentado né dimestichezza né amistá alcuna io avessi giá mai; e panni essere certo che, nella regione nella quale dimori, molti sieno, che amici e parenti e miei dimestichi furono, mentre vissero: per che, se di quindi alla mia salute alcuno dovea venire, perché piú tosto a te che ad alcuno di quelli fu questa fatica imposta? —

Alla qual domanda lo spirito rispuose:

— Nel mondo dov’io sono né amico né parente né dimestichezza vi si guarda in alcuno: ciascheduno, purché per lui alcuno bene operar si possa, è prontissimo a farlo, e senza niuno dubbio. È il vero che a questo servigio e ad ogni altro molti, anzi tutti quanti, che di lá ne sono, sarebbono stati piú di me sufficienti; e si parimente tutti di caritá ardiamo