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258 il corbaccio

la sua bellezza, in quanto di peccare ti fu cagione, o essere ti potesse nel futuro; voglio che tu abbi in odio ogni cosa che in le’in cosí fatto atto dilettevole la stimassi; la salute dell’anima sua voglio che tu ami e disideri; e, dove per piacere agli occhi tuoi andavi desiderosamente dove vedere la credevi, che tu similemente questo abbi in odio e fúgghitene; voglio che della offesa fattati da lei tu prenda vendetta; la quale ad una ora a te e a lei sará salutifera.

«Se io ho il vero giá molte volte inteso, ciascuno che in quello s’è dilettato di studiare o si diletta, che tu sai ottimamente, eziandio mentendo, sa cui gli piace tanto famoso e si glorioso rendere negli orecchi degli uomini che, chiunque di quel cotale niuna cosa ascolta, lui e per virtú e per meriti sopra i cieli estimano tenere la pianta de’ piedi; e cosí in contrario, quantunque virtuoso, quantunque valoroso, quantunque di bene sia uno che nella vostra ira caggia, con parole, che degne paiono di fede, nel profondo di ninferno il tuffate e nascondete. E perciò questa ingannatrice, come a glorificarla eri disposto, cosí ad avvilirla e a parvificarla ti disponi; il che agevolmente ti verrá fatto, per ciò che dirai il vero. E, in quanto puoi, fa’ che a le’ nel tuo parlare lei medesima mostri e similemente la mostri ad altrui; per ciò che, dove l’averla glorificata tu aresti mentito per la gola e fatto contro a quello che si dee e tesi lacciuoli alle menti di molti che, come tu fosti, sono creduli, e lei aresti in tanta superbia levata che le piante dei piedi non le si sarebbono potute toccare, cosí, questo faccendo, dirai il vero e sgannerai altrui, e le raumilierai; che forse ancora di salute le potrebbe essere cagione. Fa’ dunque, incomincia come piú tosto puoi e fa’ si che si paia; e questa satisfazione, quanto a questo peccato, tanto ti sia assai. —

Al quale io allora ripuosi:

— Per certo che, se tanto mi vorrá bene Iddio che di questo laberinto mi vegga fuori, secondo che ragioni, di satisfare m’ingegnerò; e niuno conforto piú, niun sospignimento mi bisognerá a far chiaro l’animo mio di tanta offesa. E,