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il corbaccio 249

sentii nominare, e con maravigliose risa schernire; e te or gocciolone, or mellone, ora ser mestola e talora cenato chiamando, sé quasi ad ogni parola abbracciavano e baciavano e, parole tra’ baci mescolando, si dimandavano insieme se tu, quando quella cosa scrivevi, eri desto, o se sognavi. E talvolta dicevano:

«— Parti che costui abbi l’arco lungo? Vedesti mai cosí nuovo granchio? Per certo questi l’ha cavalcata. Egli è di vero uscito del sentimento, e vuole esser tenuto savio. Domine dagli il malanno! Torni a sarchiare le cipolle e lasci stare le gentildonne. Che dirai? Arestii mai creduto? Deh, quante bastonate gli si vorrebbono fare dare; anzi gli si vorrebbe dare d’un ventre pecorino per le gote tanto quanto il ventre, o le gote, bastassero. —

«Ahi, cattivello, a te! Come t’erano quivi colle parole graffiati gli usatti e come v’eri per meno che l’acqua versata dopo le tre! Le tue Muse, da te amate e commendate tanto, quivi erano chiamate pazzie e ogni tua cosa matta e bestiale era tenuta. E, oltre a questo, v’era assai peggio che per te: Aristotile, Tullio, Virgilio e Tito Livio e molti altri uomini illustri, per quel ch’io creda, tuoi amici e domestici, erano, come fango, da loro scalpitati e scherniti e annullati e, peggio che montoni maremmani, sprezzati e avviliti; e, in contrario, se medesimi esaltando con parole da fare per istomacaggine le pietre saltare del muro e fuggirsi, soli sé essere dicevano l’onore e la gloria di questo mondo; di che io assai chiaramente m’avvidi che ’l cibo e ’l vino, disordinatamente presi da loro, o il disiderio di compiacere l’uno all’altro, schernendoti, di se medesimi, ne’ quali forse non furono giá mai, li avea tratti. Con queste parole e con simili e con molte altre schernevoli lunga pezza della notte passarono; e per aver piu cagione di farti dire e scrivere, ed essi di poter di te ridere e schernirti, quivi tra loro ordinarono la risposta che ricevesti; alla quale tu, rispondendo, desti loro materia di ridere e di dire altrettanto, o peggio, della seconda, quanto della prima t’avessono detto. E, se non fosse che ’l drudo novello teméo