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242 il corbaccio

qualitá ripieni; ma pure il dirò. La bocca, per la quale nel porto s’entra, è tanta e tale che, quantunque il mio legnetto con assai grande albero navigasse, non fu giá mai, qualunque ora Tacque furono minori, che io non avesse, senza sconciarmi di nulla, a un compagno, che con non minore albero di me navigato fosse, fatto luogo. Deh, che dich’io? L’armata del Re Roberto, qualora egli la fece mággiore, tutta insieme concatenata, senza calar vela o tirare in alto temone, a grandissimo agio vi potrebbe essere entrata. Ed è mirabil cosa che mai legno non v’entrò, che non vi perisse e che, vinto e stanco, fuori non ne fosse gittato, si come in Cicilia la Siila e la Cariddi si dice che fanno: che l’una tranghiottisce le navi e l’altra le gitta fuori. Egli è certo quel golfo una voragine infernale; la quale allora si riempierebbe, o sazierebbe, che il mare d’acqua o il fuoco di legne. Io mi tacerò de’ fiumi sanguinei e crocei che di quella a vicenda discendono, di bianca muffa faldellati, talvolta non meno al naso che agli occhi dispiacevoli, per ciò che ad altro mi tira il preso stile. Che ti dirò adunque piú avanti del borgo di mal pertugio, posto tra due rilevati monti, del quale alcuna volta, quando con tuoni grandissimi e quando senza, non altrimenti che di Mongibello, spira un fumo sulfureo si fetido e si spiacevole che tutta la contrada attorno appuzzola? Io non so che dirmiti, se non che, quando io vicino v’abitai, ché vi stetti piú che voluto non arei, assai volte, da cosí fatto fiato offeso, mi credetti altra morte fare che di cristiano. Né altrimenti posso dire del lezzo caprino il quale, quando da caldo e quando da fatica, tutta la corporea massa incitata geme e spira; questo è tanto e tale che coll’altre cose giá dette raccolto, si fanno il covacciolo sentire del leone che nelle Chiane, di mezza state, con molta meno noia dimorerebbe ogni schifo che vicino a quello.

«Per che, se tu e gli altri, che le gatte in sacco andate comperando, spesse volte rimanete ingannati, niuno maravigliar se ne dee. E per questa cagione sola, avendo tu il viso, come gli altri, piú diritto alla apparenza che alla esistenza, forse