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il corbaccio 233

dico che, come ch’io giá ne sospicciassi, ora ne son certissimo che tal cavaliere è per lo mondo, per lo passato piú animoso che avventurato, del quale essa, innamoratasi, assai volte giá seppe come pesava; e, senza al suo o al mio onore avendo riguardo niuno, cosí la sua dimestichezza usava, come il mio maritai debito: non solamente il se medesima concedergli le bastava, ma essa, come l’amico tuo ti disse ch’era magnifica, per magnifica dimostrarsi, non del suo, ma del mio, una volta e altra e poscia piú, quando per uno cavallo e quando per una roba; e talvolta fu, in grandissima necessitá di lui, di buona quantitá di danari il sovvenne, si che, dove tesoriera avere mi credea, donatrice, scialacquatrice e guastatrice avea. Né ancora bastandole il mio dovuto amore, né quello ch’essa a suo piacere scelto s’avea, ancora aggiunse a soddisfare i suoi focosí appetiti: tal vicino ebb’io, al quale io piú d’amore portava che egli a me d’onore. E, come che io e ciascuno di questi, otta per vicenda, acqua rifrigeratoria sopra le sue fiamme versassero, nondimeno con alcuno suo congiunto con piú stretto parentado si ricongiunse; e di piú altri, i quali ella provare volle come arme portassono o sapessono nella chintana ferire.

«Parendomene avere detto assai, giudico che sia ornai da tacere. In queste cosí fatte cose porgendo a ciascuno mano, donando a ruffiane, spendendo in cose ghiotte e in lisci, usava la tua nuova donna la magnificenzia egregia, dal tuo amico datati a divedere. Delle cui alte virtú splendide e singulari volendo, secondo il preso stile, avanti procedere, una via e due servigi farò: per ciò che, mentre ti racconterò quelle, ti mosterrò come intender si dee, e come ella intende, ciò che, nella lettera a te mandata da lei, scrive che le piace; forse da te non tanto bene inteso.

«L’ordine richiedea a dovere della sua cortesia dire: la quale ella dalla magnificenzia distingue, per ciò che la magnificenzia intende che s’usi nelle cose donandole o gittandole via; la cortesia intende di se medesima usarsi, quando liberamente di si dice a chi la richiede d’amore: della qual cosa